traduzione dall'originale inglese di: Marco Forti
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...continua dal post precedente ...
"Nel 1985, vent’anni di allenamento nelle arti marziali tradizionali mi avevano lasciato piuttosto frustrato in merito alle pratiche regolamentate, ai rituali inflessibili e alle ambiguità culturali. Non che non amassi le arti marziali tradizionali o che volessi lasciarle ma non potevo più accettare le interpretazioni moderne delle pratiche ritualizzate [cioè kata, hyung, xing – sequenze classiche coreografate/forme/modelli].
Di conseguenza iniziai a cercare un insegnante, uno stile o anche un’organizzazione che potesse insegnarmi le pratiche di combattimento originali e più funzionali in modo razionale, coerente e sistematizzato.
Stavo cercando qualcuno che potesse:
1. usare atti di violenza fisica realistici come premessa contestuale a partire dalla quale migliorare le mie abilità piuttosto che dipendere da scenari da pugno opposto derivanti dai regolamenti sportivi.
2. insegnare modelli difensivi prestabiliti ma pratici/funzionali attraverso i quali poter ricreare e negoziare efficacemente gli atti abituali di violenza fisica originali.
3. rivelare come tali modelli prestabiliti [vale a dire i rituali mnemonici che compongono le sequenze classiche coreografate] non solo culminino le lezioni già impartite ma, quando uniti insieme, offrano chiaramente qualcosa di più grande della somma totale delle singole parti individuali.
4. identificare chiaramente e dimostrare dove si trovano questi schemi mnemonici all’interno delle sequenze a base classica coreografate [trasmesse dalle arti marziali tradizionali] e come possono essere ricollegati agli atti abituali di violenza fisica.
Per quanto non ci fosse certo penuria di praticanti eccellenti, non trovai traccia di questi insegnamenti né in Giappone né ad Okinawa! Insoddisfatto, iniziai ad allenarmi in diverse discipline. Il cross-training aprì molte porte alle opportunità e nel contempo offrivano valide intuizioni, sia in riferimento all’allenamento che alla vita stessa, che non avevo realizzato in precedenza.
Basandomi su questa esperienza mi sentii ancor più determinato a trarre le mie deduzioni che risultarono nella definizione della Teoria degli Atti Abituali di Violenza Fisica [d’ora in avanti Teoria degli HAPV dall’acronimo dell’inglese Habitual Acts of Physical Violence, n.d.t.] e dei concetti degli esercizi a due persone. Queste scoperte mi portarono quindi a scoprire pratiche dimenticate e l’essenza di quello che insegnarono gli antichi maestri e, infine, a iniziare lo sviluppo del Koryu Uchinadi Kenpo-jutsu."
... fine terza parte ...
"Nel 1985, vent’anni di allenamento nelle arti marziali tradizionali mi avevano lasciato piuttosto frustrato in merito alle pratiche regolamentate, ai rituali inflessibili e alle ambiguità culturali. Non che non amassi le arti marziali tradizionali o che volessi lasciarle ma non potevo più accettare le interpretazioni moderne delle pratiche ritualizzate [cioè kata, hyung, xing – sequenze classiche coreografate/forme/modelli].
Di conseguenza iniziai a cercare un insegnante, uno stile o anche un’organizzazione che potesse insegnarmi le pratiche di combattimento originali e più funzionali in modo razionale, coerente e sistematizzato.
Stavo cercando qualcuno che potesse:
1. usare atti di violenza fisica realistici come premessa contestuale a partire dalla quale migliorare le mie abilità piuttosto che dipendere da scenari da pugno opposto derivanti dai regolamenti sportivi.
2. insegnare modelli difensivi prestabiliti ma pratici/funzionali attraverso i quali poter ricreare e negoziare efficacemente gli atti abituali di violenza fisica originali.
3. rivelare come tali modelli prestabiliti [vale a dire i rituali mnemonici che compongono le sequenze classiche coreografate] non solo culminino le lezioni già impartite ma, quando uniti insieme, offrano chiaramente qualcosa di più grande della somma totale delle singole parti individuali.
4. identificare chiaramente e dimostrare dove si trovano questi schemi mnemonici all’interno delle sequenze a base classica coreografate [trasmesse dalle arti marziali tradizionali] e come possono essere ricollegati agli atti abituali di violenza fisica.
Per quanto non ci fosse certo penuria di praticanti eccellenti, non trovai traccia di questi insegnamenti né in Giappone né ad Okinawa! Insoddisfatto, iniziai ad allenarmi in diverse discipline. Il cross-training aprì molte porte alle opportunità e nel contempo offrivano valide intuizioni, sia in riferimento all’allenamento che alla vita stessa, che non avevo realizzato in precedenza.
Basandomi su questa esperienza mi sentii ancor più determinato a trarre le mie deduzioni che risultarono nella definizione della Teoria degli Atti Abituali di Violenza Fisica [d’ora in avanti Teoria degli HAPV dall’acronimo dell’inglese Habitual Acts of Physical Violence, n.d.t.] e dei concetti degli esercizi a due persone. Queste scoperte mi portarono quindi a scoprire pratiche dimenticate e l’essenza di quello che insegnarono gli antichi maestri e, infine, a iniziare lo sviluppo del Koryu Uchinadi Kenpo-jutsu."
... fine terza parte ...
Copyright © Patrick McCarthy