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mercoledì 1 dicembre 2010

Miti da sfatare - terza parte

di Patrick McCarthy
traduzione dall'originale inglese di: Marco Forti
Questa traduzione è stata autorizzata dall'autore (la riproduzione di questo testo è consentita solo con il consenso scritto dell'autore)

... continua dai post precedenti ...


STILI?
Sembra ci sia una lista infinita di stili, ciascuno dei quali afferma di essere il più originale, puro, il migliore e il più forte, ecc… Sono tutte mere varianti sui temi comuni delle 3K o ce n’è effettivamente uno realmente migliore di un altro? E se è così, perché?


Se mai esistesse un premio per il commento più ingenuo ed elitarista allora sicuramente dovrebbe essere assegnato a questo!
Normalmente questi commenti sono appannaggio di affaristi del potere politico e finanziario, snob che si vantano del loro pedigree e/o giovani combattenti . Quando sento questi commenti egocentrici mi viene in mente una citazione di un maestro dell’Arte, Konishi Yasuhiro: “Lo scopo del Karate-do è quello di formare il carattere, migliorare il comportamento umano e coltivare la modestia; ma il praticarlo non garantisce - comunque - che questi scopi vengano raggiunti.”
Facendo risalire le sue radici alle arti di combattimento cinesi e del Sud Est Asiatico, il Karate è una tradizione eclettica che risale a meno di cento anni fa’ e che pertanto può difficilmente essere chiamata “originale”. Ciò detto, affermazioni sul fatto che questo o quello stile sia più antico sono esagerazioni o assoluti travisamenti. Una questione raramente discussa rivela che lo sviluppo e la definizione della maggior parte degli stili di Karate di Okinawa sono il prodotto di un’influenza di ritorno dalle interpretazioni giapponesi delle 3K. Il nome, la divisa, le cinture, il sistema di dan e kyu, i titoli degli insegnanti, il sistema di allenamento basato sulle 3K e il sistema di competizioni regolamentate sono interamente giapponesi.
La mentalità “nessuno-può-essere-meglio-del-maestro”, che è così diffusa nell’ambiente delle arti di combattimento giapponesi in generale, ha le sue radici nel confucianesimo.
Tutti hanno il diritto inalienabile di pensare che quello che stanno praticando sia “meglio” di quello che altri praticano, studiano o insegnano. Questo è solo umano!
Quello che trovo ingenuo è che molti di quelli che dicono che stanno imparando/insegnando e praticando uno stile di Karate “originale” o “antico” stanno accettando ciecamente la propaganda su lignaggio, pedigree e onnipotenza. Pochi sanno che gli stili di karate, per quanto possa essere unica la loro propaganda, sono poco più che un prodotto reinterpretato delle pratiche basate sulle 3K.
Per quanto riguarda la domanda sullo “stile migliore”, bene, questa è una frase rilevante e vorrei pertanto chiedere: “migliore per cosa?”
Per dirla in termini semplici non esiste il karate “migliore”. Il termine è, nella migliore delle ipotesi, stupido, nella peggiore è egocentrico e finalizzato solo ad attrarre simpatizzanti. “Combattere” ha a che fare con attributi individuali, non con “stili”. Se una cosa del genere fosse vera allora chiunque praticasse quello stile sarebbe “letale” …
Molti stili di Karate possono - in maggior o minor misura - tracciare la loro origine a qualche pioniere. Penso che mantenere viva questa eredità sia vitale al lascito della sua arte, specialmente quando ciò è fatto con tatto e accuratezza storica. Ma propagandare che un qualunque stile moderno sia l’esclusiva quintessenza [leggi: superiore] di uno o più dei suoi pionieri è semplicemente ingenuo o, peggio, è il risultato di una spudorata manipolazione.
Per comprendere la natura degli stili è necessario affrontare alcune considerazioni, in particolare devono sempre essere presi in considerazione i seguenti elementi: studi storici [per capire come si sono sviluppati gli stili], allenamenti in più discipline o cross-training [un concetto abbracciato da tutti i pionieri], uso del pensiero critico [come strumento fondamentale per eliminare le ambiguità e le rappresentazioni falsate], meccaniche corporee [per capire come viene trasferita l’energia cinetica], anatomia funzionale e atti abituali di violenza fisica [per capire cosa è universalmente comune nell’applicazione delle tecniche di combattimento] e pedagogia [per capire come questi elementi comuni devono essere insegnati per essere collegati ai risultati attesi].

Ci sono molte citazioni che sottolineano il valore di questi consigli. Eccone alcune tra le mie preferite che vorrei condividere con voi:

«Più riesci a guardare indietro più puoi vedere avanti», «Come fai una cosa evidenzia il modo in cui fai tutte le cose», «Non è lo stile, è la persona», «Pensa fuori dagli schemi», «Ho sempre a cuore sei amici onesti che mi hanno insegnato tutto quello che so. Si chiamano: Cosa, Perché, Quando, Come, Dove e Chi.», «Non puoi risolvere il problema con la stessa mentalità che lo ha creato», «Ci sono tre tipi di persone: quelli che fanno accadere le cose, quelli che le lasciano accadere e quelli che chiedono: “cos’è successo?”», «Stiamo lavorando insieme con spirito di reale cooperazione in cui non c’è nessuna autorità: è il nostro interesse negli insegnamenti che ci tiene uniti e ci aiuta a lavorare insieme», «Le persone con i pugni serrati non possono stringere le mani».

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fine terza parte ...